Presentazione
del Presidente del Senato Carlo
Scognamiglio Pasini |
|
Con gli interventi di Araldo di Crollalanza
prosegue l'attività di raccolta e pubblicazione, curata
dal Servizio studi del Senato, dei discorsi parlamentari delle
personalità politiche più significative che, attraverso
la loro partecipazione ai lavori del Parlamento, esponendo idee,
formulando proposte, illustrando progetti o prendendo posizione
su questioni concrete, al di là dei contenuti e degli
orientamenti politici, hanno dato un contributo comunque importante
al rafforzamento ed al consolidamento delle Istituzioni.
È in Parlamento, infatti, che il confronto fra le aspirazioni,
le idee, i progetti, le inquietudini dei cittadini trova la
sua espressione più alta.
Luigi Einaudi ebbe occasione di sottolineare come occorresse
"purificare il Parlamento, liberarlo da compiti che non
sono adatti (...); dargli campo di discutere solo i problemi
generali", e che "in questo campo generale, il solo
Parlamento" dovesse "essere sovrano".
L'attività e l'esperienza politiche di Araldo di Crollalanza
attraversando stagioni assai diverse tra loro ne fanno, per
l'esperienza accumulata, un esponente di primo piano della storia
parlamentare. Anche gli avversari politici gli hanno attribuito
importanti meriti, tanto che Romita, che certo non si ritrovava
nelle posizioni del parlamentare del Movimento Sociale Italiano,
ammise nel 1954, in piena Aula del Senato, che Crollalanza era
stato un grande Ministro dei lavori pubblici.
Eletto per molti anni senatore nella sua Bari - di cui ha segnato
profondamente non solo la storia, ma la stessa struttura urbanistica
e l'immagine - non faceva campagna elettorale: si limitava a
passeggiare raccogliendo gli attestati di stima e di calorosa
simpatia dei concittadini.
In Senato Araldo di Crollalanza, esponente di una famiglia aristocratica
e antica, è ricordato per la bonomia e l'austera disponibilità
che lo portavano, ogni mattino, lasciato il soprabito e il cappello,
a recarsi alla buvette dove riceveva il saluto affettuoso di
tutti.
Cresciuto culturalmente all'opposizione, tra la tradizione democratica
e repubblicana pugliese, legata al pensiero di Giovanni Bovio
e Gaetano Salvemini, ed il sindacal-nazionalismo di Filippo
Corridoni, prese vivacemente parte al movimento favorevole all'intervento
dell'Italia nel primo conflitto mondiale accanto alle potenze
dell'Intesa, assumendo la direzione del settimanale politico
di Bari La Puglia e fondando una associazione interventista
in quella città. Arruolatosi, si trovò subito
impegnato nelle battaglie delle Alpi trentine e partecipò,
successivamente, alla conquista di Gorizia; ferito a Col del
Rosso-Sasso verso la fine del 1917, rimase al fronte fino alla
fine del conflitto, guadagnandosi la Croce di Guerra e il Cavalierato
di Vittorio Veneto.
Nel fascismo, cui aderì sin dall'inizio, vide l'occasione
per un rinnovamento profondo dello Stato e delle sue strutture
e per la realizzazione di una effettiva, concreta politica di
sviluppo del Mezzogiorno d'Italia, trovandosi su posizioni assai
lontane dalla visione rumorosamente squadristica di altri leader
pugliesi.
Il suo impegno parlamentare, che ebbe inizio con l'elezione
nel 1924 a deputato nella XXVII legislatura, era destinato a
proseguire per quasi sessant'anni, con una breve interruzione
dopo la seconda guerra mondiale, sino alla sua scomparsa nel
gennaio del 1986. Pochi anni dopo il primo mandato parlamentare,
nel 1928, fu nominato sottosegretario ai lavori pubblici e,
due anni dopo, Ministro di quel dicastero, incarico che - a
seguito della richiesta di Mussolini, che intendeva dare attuazione
alla regola della rotazione delle cariche - lasciò disciplinatamente
nel 1935 per assumere la presidenza dell'Opera nazionale combattenti.
Fu la stagione più feconda della vita e dell'opera di
Araldo di Crollalanza, cui sono legate iniziative e realizzazioni
di indubbia importanza per il paese: la Fiera del Levante, l'Università
di Bari, il Politecnico, il porto, il lungomare, la creazione
dell'Anas e l'ammodernamento della rete stradale, la direttissima
ferroviaria Firenze-Bologna, il ponte che unisce Venezia a Mestre,
la ricostruzione delle zone della Campania e della Basilicata
colpite dal terremoto nel '30, l'appoderamento dell'Agro pontino,
l'ampliamento di Littoria e la fondazione di Aprìlia
e Pomezia. Le descrìve esaustiva-mente Giuseppe Parlato
nella sua introduzione.
In questa sede deve essere messo in rìlievo come il nome
di Crollalanza debba essere affiancato ai nomi degli uomini
migliorì di quegli anni: Donato Menichella, Alberto Beneduce,
Alberto De Stefani, Arrigo Serpierì, Giuseppe Volpi.
Sono gli uomini cui sono legate trasformazioni profonde ed importanti
per la società e l'economia italiane. Con la creazione
dell'Iri nel gennaio del 1933, nata per salvare dal tracollo
le industrìe colpite dalla crìsi del 1929, lo
Stato venne via via incrementando il suo ruolo nella gestione
di importanti e decisivi settori produttivi e a svolgere, rispetto
ad essi, una funzione di stimolo, mentre la fondazione di numerosi
enti previdenziali andava modificando notevolmente la struttura
ed il carattere dello Stato.
È noto che dietro la nascita dell'Iri c'era una grande
operazione di salvataggio delle tre maggiori banche "miste"
italiane; l'intervento avrebbe dovuto avere carattere transitorio,
ma successivamente si ritenne di mantenere in vita l'Istituto
lasciando che le nuove condizioni politiche ed economiche determinassero
i necessari processi di adattamento nella struttura. Come ha
ricordato Pasquale Saraceno, fin dall'inizio si manifestava,
così, quel pragmatismo che doveva caratterizzare tutta
la vita del sistema delle Partecipazioni Statali.
Crollalanza seguì la sorte del regime nei venti mesi
della Repubblica di Salò, rifiutando però l'incarico
di ministro ed assumendo invece la responsabilità della
convocazione di un'Assemblea costituente a Palazzo Ducale a
Venezia per decidere del destino delle due Camere, di cui non
si fece nulla. Alla fine della guerra subì un breve periodo
di detenzione ed un processo che lo vide assolto in istruttoria.
Pochi anni più tardi, con l'elezione al Senato nel '53,
riprese con vigore la propria attività parlamentare che
proseguì ininterrottamente fino alla IX legislatura.
Giungeva sempre fra i primi a Palazzo Madama a bordo della sua
vettura che, sino a quando la salute glielo consentì,
volle guidare personalmente, e non faceva mai mancare in Aula
o in Commissione il contributo che la lunga esperienza pubblica
gli permetteva di dare. Se richiesto, dava volentieri suggerimenti
e consigli ai colleghi più giovani, cui offriva spesso
la colazione o il pranzo nel ristorante del Senato osservando:
"Oggi pago io, perché sono il nonnino".
Nel ripercorrere i suoi interventi nell'arco di un trentennio
si ha netta l'impressione di avere a che fare con un politico
tecnicamente preparato e sensibile, in grado di percepire i
profondi mutamenti in atto e di immaginarne la soluzione con
ragionamenti, se anche non sempre condivisibili, caratterizzati
comunque da grande lucidità e linearità di pensiero.
Rimangono testimonianze importanti per capire la sua personalità
gli interventi sulle opere pubbliche e la critica severa condotta
contro il tipo di sostegno al Sud che si andava strutturando
intorno alla Cassa per il Mezzogiorno, di cui temeva le degenerazioni
clientelari e gli eccessi di assistenzialismo. Era convinto,
infatti, che il Mezzogiorno avesse soprattutto bisogno di una
politica in grado di favorire la diffusione dell'iniziativa
privata ed il processo di industrializzazione.
Anche l'ostilità alla costituzione ed alla organizzazione
delle Regioni non era tanto determinata dal desiderio di preservare
lo Stato nazionale unitario, come si era andato consolidando
dal Risorgimento in poi, dall'insidia della disgregazione regionale
e loca-listica, quanto dalla preoccupazione che tutto si potesse
risolvere in un inutile spreco di risorse e che ne potesse discendere
un ulteriore indebolimento del Mezzogiorno che, abbandonato
a se stesso e frammentato in una pluralità di Regioni,
avrebbe potuto perdere una parte cospicua di capitali di investimento
privati.
Il quadro nel quale si inseriva la politica per il Mezzogiorno
si andava rapidamente modificando, come ha avuto modo di mettere
in evidenza uno dei maggiori meridionalisti italiani, Manlio
Rossi-Doria; il problema dello sviluppo congiunto dell'area
settentrionale e dell'area mediterranea d'Europa, considerate
le diverse caratteristiche economiche, avrebbe inevitabilmente
trasferito la questione meridionale a livello continentale ampliandone
la dimensione.
Araldo di Crollalanza partiva invece dalla considerazione che
un rafforzamento del Mezzogiorno potesse realizzarsi prevalentemente
attraverso il suo inserimento nel contesto di un più
ampio sviluppo della collaborazione con i paesi d'oriente e
di un consolidamento dei traffici commerciali con i paesi del
Mediterraneo; sotto questo profilo l'eredità spirituale
dell'uomo politico pugliese conserva - anche nello scenario
internazionale contemporaneo, caratterizzato dalla necessità
di un'apertura sempre più marcata ed articolata dell'occidente
e dell'Europa comunitaria verso i paesi di quell'area - un'attualità
non trascurabile.
Il vertice di Casablanca del novembre del 1994 ha dato indicazioni
significative in questa direzione ed ha messo in evidenza la
necessità di agevolare la crescita economica e lo sviluppo
integrato dei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, incrementando
l'interscambio con i paesi occidentali, in modo da stemperare
anche le tensioni di ordine sociale che alimentano estremismo
e violenza.
Una volta imboccata questa strada il Mezzogiorno potrebbe diventare
veramente quell'area di cerniera fra universi differenti, socialmente
ed economicamente - ma non conflittuali -, e terreno di confronto
culturale e civile, con potenzialità di crescita e di
sviluppo davvero imponenti.
Crollalanza, gentiluomo dedito alla politica, realizzatore competente,
ha dato alla sua vita un'impronta di rigore riconosciuta anche
dagli avversali politici, e la sua formazione ideologica non
gli impedì di essere fiero della medaglia d'oro che Fanfani,
Presidente del Senato di allora, gli consegnò nel 1982
in occasione di una cerimonia dedicata alla sua lunga attività
parlamentare: la grande distanza politica e culturale che li
separava era compensata non solo dal momento umanamente toccante,
ma anche dalla consapevolezza che quel riconoscimento aveva
un significato particolare e prezioso perché veniva dalle
Istituzioni, che anch'egli avvertiva come espressione, autentica
e partecipe, delle speranze e delle attese di tutti i cittadini.
Quel riconoscimento, ora, non può che essere confermato
e rinnovato.
|
|