Coerenza
e rettitudine di un crociato della politica |
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Siamo certi che chiunque
abbia avuto l'onore di conoscere, nel corso della sua lunga
vita, Araldo di Crollalanza, avrà accolto ieri la notizia
della sua morte con profonda tristezza. Raramente un uomo politico,
un parlamentare, un ministro ha goduto nel lungo corso della
sua vita la stima, la fiducia, l'ammirazione (diciamo pure la
parola: l'ammirazione) che ha raccolto lui nei 94 anni della
sua attiva, esemplare esistenza.
Non solo a Bari, dov'era nato nel maggio del 1892, da una famiglia
della Valtellina, i cui antenati avevano partecipato alle crociate,
e non solo a Roma dove pure trascorse come parlamentare lungo
tempo, e si era negli ultimi anni stabilito, ma era diventato
sinonimo di onestà, di capacità, di lavoro e di
organizzazione, di moderazione politica e disinteresse personale.
Il fenomeno è da considerare tanto più sorprendente
in quanto la sua milizia politica si è svolta costantemente
nel partito fascista, dalle origini alla sua caduta, e poi nel
Movimento sociale; quindi aveva nel suo curriculum elementi
non certo propizi a conciliargli la generalità delle
simpatie.
Ma la verità è che i galantuomini come lui finiscono
per essere onorati per le loro qualità umane, indipendentemente
dalla tessera di partito che portano in tasca. Ora appunto di
lui si potrebbe onorare la memoria scrivendo sulla tomba questo
epicedio: "Fece a tutti il massimo di bene possibile, nessuno
poté mai rimproverargli una cattiva azione".
Combattente della Grande guerra come ufficiale della brigata
Garibaldi e decorato al valore, si iniziò giovanissimo
alla professione del giornalista come redattore sindacale del
Corriere delle Puglie, uno dei due giornali che si stampavano
nel capoluogo pugliese ed era diretto da Leonardo Azzarita.
Fu anche tra i fondatori dei Fasci di combattimento partecipando
all'adunata storica di piazza San Sepolcro a Milano. Da allora
assunse la carica di segretario dei Fasci per le Puglie e per
la Lucania, divenne consigliere del Consiglio nazionale delle
corporazioni, poi podestà di Bari e fondatore della Fiera
del Levante.
Mussolini, che aveva già apprezzato le sue qualità
e lo aveva voluto iscrive nel listone dei deputati per le elezioni
dell'aprile del 1924 (elezioni dalle quali Crollalanza uscì
capolista della sua regione), lo volle suo segretario quando
assunse la guida del Ministero dei lavori pubblici al fine di
costruire un grandioso e costoso programma di realizzazioni,
quelle che furono poi chiamate genericamente le grandi opere
del regime e che avrebbero dovuto ricordare in eterno l'avvento
del regime fascista.
Ai Lavori pubblici, Araldo di Crollalanza succedé per
volontà di Mussolini nella carica di ministro e da allora
si intensificò la sua attività. Furono da lui
progettati ed eseguiti i grandi appalti che, anche se di gusto
discutibile secondo la moda del tempo, rinnovarono praticamente
tutto il patrimonio edilizio dello Stato italiano con le grandi
nuove sedi dei ministeri, con i porti e le strade, le ferrovie,
le stazioni e i grandi interventi di bonifica, fra cui quella
della palude pontina.
Ebbene, quest'uomo che aveva ammirevolmente amministrato un
così cospicuo patrimonio e visto scorrere per le sue
mani centinaia di milioni, quando cadde il fascismo si trovò
con una moglie e una vasta figliolanza da nutrire senza possedere
un soldo di suo. Per vivere e per far vivere sua moglie e i
suoi figli dové adattarsi a fare il rappresentante itinerante
della casa editrice Zanichelli di Bologna, battendo di porta
in porta per offrirne i prodotti editoriali a domicilio, trattando
il prezzo e le modeste rateizzazioni.
Di questa sua difficile condizione si accorse a un certo punto
il direttore del Giornale d'Italia, senatore Santi Savarino,
che per assicurargli un guadagno più redditizio e meno
faticoso gli offrì di assumerlo come redattore per la
compilazione della pagina pugliese. Incarico che egli accettò
con visibile soddisfazione e a cui si dedicò con tanto
impegno che giovandosi della sua popolarità in tutta
la Puglia riuscì a portare il giornale nella sua regione
a un livello di vendita record. Ciò gli valse la promozione
a capo dell'ufficio di tutte le edizioni provinciali del giornale,
che ebbero, grazie a lui, un fortissimo impulso.
Da questa ripresa di contatti con la sua Puglia nacque l'offerta
di De Marsanich, che era allora presidente del Movimento sociale
italiano, per una sua candidatura al Senato. Fu così
che egli entrò a far parte dell'Assemblea di Palazzo
Madama con l'inizio della seconda legislatura repubblicana in
rappresentanza del collegio di Bari. Da allora egli è
stato sempre rieletto e ha spesso ricevuto incarichi di fiducia
dalla maggioranza benché non ne facesse parte.
La sua anzianità gli avrebbe valso il titolo per inaugurare
la legislatura come presidente provvisorio dell'Assemblea; ma
una piccola puntigliosità ha sempre indotto la maggioranza
del Senato a rifiutare questa specie di disonore, chiamando
per questo senatori che erano già ammalati e che non
partecipavano più ai lavori di Palazzo Madama e che furono
scomodati dai loro letti o dai loro sedioni per adempiere a
una funzione da cui, non si sa perché, si è voluto
escludere questo specchiato gentiluomo che non aveva fatto che
bene all'Italia, non aveva mai dato prova di settarietà
essendo la più imparziale e cortese persona del mondo,
e aveva militato, senza partecipare mai ad azioni squadristiche,
nel partito nazionale fascista che ha partorito tanti uomini
in piena armonia con l'era nuova.
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Enrico Mattei
(II Tempo, 19 gennaio 1986)
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